Elisabetta Bucciarelli affianca, nella narrazione, i veri ultimi che abitano la zona viva della discarica ai “primi”di una società tristissima: “Noi siamo i resti di un processo di civilizzazione che è quasi giunto alla sua fine. In Città è molto evidente. Conviviamo con il vuoto, con le circostanze degli pseudo-doveri, con le regole prive di necessità e con il nostro dozzinale perbenismo. Piccole violenze e subdoli ricatti. Il crollo è tra noi, mancano però le risorse nuove per ricostruire, che non possono e non devono seguire le strade già battute. Ecco perché in Corpi di scarto le esistenze all’interno della discarica sono tutte appartenenti a linee di confine: gli adolescenti, sul crinale più importante della vita; un vecchio sul punto di contatto tra la vita e la morte; un medico che fabbrica “mutazioni”, chirurgo plastico o nuovo demiurgo di immagini in carne e ossa. La Città fuori è luce al neon, centri commerciali, rotonde stradali, code sterminate, antenne sui balconi, intellettualoidi da strapazzo e consumo (consumismo di beni, corpi e di cultura, non fa nemmeno differenza di cosa). L’idea è di ripartire dalle rovine, sono più fertili e assai più divertenti.”
Tutta l'intervista è QUI.