mercoledì 25 aprile 2012

CORPI DI SCARTO


Messa da parte (ma non scartata) la Vergani ed il romanzo d’indagine, Elisabetta Bucciarelli ci porta in un mondo che il lettore conosce solo dall’esterno e superficialmente.
La storia infatti si svolge in una discarica, uno di quei luoghi che per la nostra società, basata per la maggior parte sull’immagine pulita e levigata dei modelli e delle pubblicità, non dovrebbe esistere e di cui forse non si dovrebbe parlare.
I rifiuti danno fastidio, ingombrano, certe volte invadono le città; è sufficiente uno sciopero di un giorno per far emergere lungo le strade quello che noi scartiamo.
Ma un romanzo della Bucciarelli non può fermarsi a raccontare i rifiuti e la loro gestione, pure se la collana “VerdeNero” si occupa anche di questo: l’analisi va come sempre più a fondo, tocca delle corde che danno fastidio e mettono a disagio il lettore.
Iniziamo dalla frase: “siamo ognuno lo scarto parziale o totale di qualcuno.” E’ veramente così?
La parola “scarto” non è usata nel suo significato più comune, il risultato di un processo, ma indica quello che mi differenzia da ogni altro essere delle specie umana.
Forse allora è vero che siamo tutti scarti, perché non esistono due persone uguali.

Un libro che spiazza il lettore abituato al significato abituale delle parole, perché riesce a far diventare una parola con accezione negativa (il termine “scarto”) un valore aggiunto. La differenza può anche essere arricchimento, se c’è il rispetto reciproco e il riconoscimento che le caratteristiche dell’altro non sono solo un motivo di conflitto.
Non è l’ambiente che definisce gli individui: anche in una discarica gli uomini sono innanzitutto persone.

Inizia e finisce QUI.